Vivere una vita piena: cinque rimpianti alla fine della vita
Da una quindicina d’anni, grazie alla mia esperienza con le Costellazioni familiari e sistemiche, sono impegnata ad aiutare me stessa e le persone che si affidano a me, a liberarsi da quei pesi fisici, psicologici e dell’educazione che ci portiamo dal passato, spesso non solo da questa vita.
Scrivere questo articolo mi ha fatto riflettere su come arrivare il più possibile leggeri al momento del passaggio e mi ha fatto immaginare quali saranno i miei cinque rimpianti al momento decisivo.
In effetti è un esercizio estremamente utile per vivere al meglio ogni giorno e ogni momento della nostra vita e che questa emergenza planetaria ci permette di analizzare e approfondire.
Bronnie Ware è un’infermiera australiana che ha trascorso parecchi anni nei reparti di cure palliative seguendo i pazienti nelle ultime 12 settimane di vita e ha riportato le ultime dichiarazioni in un blog chiamato “Ispiration and Chai” da cui ha tratto il materiale per un libro “Gli ultimi cinque rimpianti prima di morire”.
Ware scrive della particolare chiarezza che la gente acquisisce alla fine della propria vita, e di cosa possiamo imparare dalla loro testimonianza.
“Chiedevo loro che cosa avrebbero voluto cambiare della loro vita, se avevano dei rimpianti o avrebbero voluto rivivere la vita esattamente come l’avevano vissuta, temi normali e comuni a tutti”.
Secondo la testimonianza di Bronnie Ware, questi sono i cinque maggiori rimpianti delle persone che stanno morendo:
1. “Avrei voluto avere il coraggio di vivere una vita veramente mia, non la vita che gli altri si aspettavano da me”.
“Questo è il maggior rimpianto comune a tutti. Quando le persone realizzano che la loro vita è terminata, si guardano indietro e vedono con chiarezza come hanno vissuto, in quel momento è più facile scoprire quanti sogni sono andati a vuoto o sono distrutti. La maggior parte delle persone non ha realizzato nemmeno la metà dei propri sogni e la cosa grave è sapere che le causa sono dipese solo dalle scelte che hanno compiuto o non compiuto. Lo stato di salute ti permette di fare scelte, che solitamente non compi, finché non arrivi al punto che non hai più la salute e non hai più la possibilità di scegliere nulla”.
2. “Avrei voluto non aver lavorato tanto”
“Questo è il lamento di tutti i maschi che ho seguito. Hanno perso l’infanzia dei loro figli e l’affetto e la compagnia delle loro mogli. Anche le femmine parlano di questo rimpianto ma, essendo per la maggior parte provenienti da una generazione in cui le donne non portavano il pane a casa, i casi di donne con rimpianti per aver vissuto lavorando troppo sono molto meno. Tutti gli uomini che ho seguito rimpiangevano profondamente di aver trascorso la loro vita centrata sul lavoro come criceti che fan girare una ruota in gabbia.”
3. “Avrei voluto avere il coraggio di esprimere me stesso, i miei sentimenti”
“Molte persone sopprimono le proprie sensazioni, i propri sentimenti, per poter vivere in pace con gli altri. Il risultato è un’esistenza mediocre e non diventano mai quella persona che sarebbero state veramente in grado di essere. Parecchi sviluppano malattie correlate con l’amarezza e il risentimento accumulato, e che si portano dietro come conseguenza di queste scelte”.
4. “Avrei voluto restare in contatto con i miei amici”
“Solitamente non vogliono realmente realizzare questo fino a che non si trovano alle ultime settimane della loro vita e in quel momento non è quasi mai possibile ritrovare i loro vecchi amici. Molti sono stati tanto presi dal loro lavoro da aver lasciato scivolare via le amicizie e hanno perso da tanti anni degli amici d’oro. Ci sono molti profondi rimpianti per non aver concesso alle amicizie lo spazio e il tempo che richiedevano. Ognuno perde i propri amici quando questi muoiono”.
5. “Avrei voluto permettermi di essere più felice”
“Sorprendentemente questa è una risposta comune a tutti. Finché non arrivano alla fine molti non realizzano che la felicità è una scelta. Sono rimasti bloccati in antichi comportamenti e abitudini mentali. Il così detto “comfort familiare”, la consuetudine, l’abitudine, hanno coperto le loro emozioni, e anche la loro vita psichica. La paura dei cambiamenti li ha indotti a convincere gli altri, e anche se stessi, che erano contenti così, quando nel loro intimo più profondo erano in lacrime e reputavano stupida la loro vita”.
The Guardian, 1 febbraio, 2014
Traduzione di Galileo Ferraresi
Questo è buon momento per pensare a quale sia il nostro maggior rimpianto.
E a cosa vogliamo fare: archiviarlo o cambiare finché siamo in tempo?