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LETTERE DA KOLKATA (Calcutta-India 2008)

Questo NATALE
desidero condividere
con tutti voi che mi seguite,
una lettera scritta ad un amico
quando nel 2008, mi trovavo a fare la volontaria
nella Casa del Morente Nirmal Hriday  di Madre Teresa a
Kolkata (Calcutta) in India

Caro Cesare,
non ho fatto in tempo ad avvertirti e  sono partita per Kolkata (Calcutta) in India dove faccio la volontaria presso la Casa del Morente Nirmal Hriday  (cuore puro in sanscrito) a Kalighat.
La prima casa di accoglienza dei morenti fondata da madre Teresa nel 1952.
Una decisione maturata durante l’estate scorsa in Grecia, dopo aver letto una biografia di Madre Teresa
che mi aveva molto colpita.
E’ stato come se Madre Teresa mi avesse chiamata.
Vivo ora nel centro povero di Kolkata e ti lascio immaginare: caos totale, sporcizia, intere famiglie che vivono e dormono ovunque sui marciapiedi, bambini sporchi che chiedono l’elemosina, ma nonostante tutto ciò la gente qui è serena, tranquilla e sorridente.

Grande lezione di vita per me!

La cosa straordinaria comunque resta la mia attività come volontaria in un palazzone grigio, molto vecchio, essenziale dove vivono un centinaio fra uomini e donne, persone gravemente denutrite e malate delle peggiori malattie come la TBC, malaria, tifo, (ma stranamente non di cancro).

E qui  la Nuova Medicina Germanica del dottor Hamer  avrebbe molto da dire.

Il mio compito qui, come per tutti i volontari, è di assistere alle medicazioni di piaghe, dare da mangiare a coloro che non ce la fanno da soli, lavare e curare gli ospiti, ma soprattutto stare vicino a loro
e dare loro tutto l’amore di cui sono capace.

Un’ esperienza molto forte, a volte difficile da sostenere, come nel caso della giovane donna bruciata con olio bollente dal marito, piena di piaghe sulle spalle, testa, braccia e piedi.

Spesso i mariti in India, sollecitati dalle loro madri, adottano questa pratica per potersi risposare e percepire così un’altra dote dalla famiglia della sposa.

Nessuno chiede a queste donne cosa è successo veramente.

Madre Teresa dice che l’importante è aiutare chi ha bisogno, nel momento presente, chiunque egli o ella sia, indipendentemente dalla sua religione, sesso, color della pelle, tradizioni e destino. Nessun giudizio!

Per lei sono tutti esseri umani abbandonati dalla società, che nessuno vuole, tantomeno gli ospedali, che nessuno ama, che sono rimasti soli e come dice Madre Teresa quello che bisogna fare è
di dare tutto l’amore possibile ad ognuno di loro,
uno alla volta senza giudicare.

Da molto tempo per me è finita l’era in cui volevo cambiare il mondo aderendo a grandi movimenti, politici sindacali, filosofici o religiosi. Ormai è molto chiaro in me che ciò che posso fare è aiutare le persone
una alla volta, dedicandomi totalmente a chi me lo chiede in quel momento.

Quando questo avviene tutto intorno a me scompare.

Le donne presenti mi parlano in lingua bengali, a volte l’indi, ma per me è lo stesso, io non capisco niente e allora qui scatta la necessità di usare il linguaggio non verbale, il linguaggio dei sensi e del corpo.

E’ fincredibile come la parola a volte possa bloccare il “sentire”.

Senza la parola è tutto più semplice.

L’esperienza che più mi ha colpito è la forza di una donna anziana
che da quando è arrivata qui a Kalighat, si rifiuta di mangiare.

È molto arrabbiata, guarda sempre fisso davanti a sé, ma non è fuori di testa, è molto lucida e presente.
Lakhsmi  è il suo nome e ha dalle mani affusolate e dalle unghie perfette.
Si deduce che provenga da una casta superiore.

E’ fortemente denutrita, ridotta pelle e ossa e ogni volta che tentiamo di darle da mangiare con l’aiuto di un piccolo contenitore con beccuccio, per aprirle la bocca è un vero dramma.

Nonostante non stia mangiando chissà da quando ha una forza tale che non si riesce a tenerla ferma.

Un paio di giorni fa le ero vicina e le accarezzavo la testa, quando mi ha guardata poi ha guardato la bottiglia dell’acqua e ho capito che voleva bere.

Le ho dato da bere, nessuno ci credeva, poi l’ho lasciata in pace ma quando è arrivato il tegamino con beccuccio con dentro una specie di pappa liquida, (lassi) lei si è lasciata imboccare da me senza fare resistenza.
Che soddisfazione!

Peccato che il giorno dopo sono stata attaccata a casa da una tremenda dissenteria, qui la chiamano ”la vendetta di Montezuma” e sembra che sia una specie di iniziazione in un posto così estremo.

Sono dovuta restare chiusa in camera per due giorni.
Quando sono tornata mi hanno detto che dopo la positiva esperienza con me, si era lasciata andare ed era morta.

Il disagio più grande l’ho provato quando ho dovuto  spalmare la crema alle donne affette da scabbia.

La scabbia non è certo la malattia più grave qui, ce ne sono di ben più gravi e molto infette,
ma a me la scabbia mi ha fatto molta impressione.

Ci ho pensato tutto il giorno, mi ero protetta con mascherina e guanto (uno solo per economizzare)
ma non sono riuscita a liberarmi da questa paura. Forse perche’ il prurito è una cosa di cui soffro e che temo.

L’altro ieri, mi trovavo sulla stradina dove mangio ogni giorno spaghetti di riso con verdure,
seduta su un’asse di legno appoggiata al muro e dove a volte passano anche le automobili.

Questa stradina è talmente stretta che dobbiamo tutti alzarci in piedi per farle passare
e in quel momento un signore indiano mi ha rivolto la parola in perfetto inglese.

Bell’uomo, alto e molto fine, vestito con pantaloni di velluto verde, una camicia pulita e stirata e un corpetto.

Qui le persone sono tutte vestite con stracci o quasi, le donne con vecchi sari
e uomini con il gonnellino (doti) o i pantaloni, tutti sporchi e laceri.

Lui si distingueva.

Qui ora è inverno e quindi si giustifica il suo abbigliamento
anche se sono normalmente 30 gradi di giorno e 20 di notte.

Mi ha raccontato di essere un insegnate di lingue: inglese e tedesco e di essere di origine bengalese.
È stato sposato con una donna svizzera, ma quando si è trovato a Basilea, tutto il giorno da solo,
mentre lei andava a lavorare, ha deciso che non faceva per lui.
Non sopportava l’idea di non vedere il sole per tre giorni di seguito! Come lo capisco!

Lui è il primo indiano con il quale riesco ad intavolare un discorso normale.

Con gli altri uomini ho solo relazioni professionali.

L’uomo del bar Blue Sky dove vado a mangiare è molto simpatico e parla tutte le lingue
ed è un vero cameriere, svelto intelligente ma con un atteggiamento un pò ruffiano.
Tipico di un uomo indiano verso donna bianca ed europea.

Lo stesso vale per i due portieri della Guest House dove vivo. Svegli, efficienti ma anche loro un po’ ruffiani.

Il migliore dei miei conoscenti in questa pare della città è l’uomo dell’internet point,
dove passo molto tempo fra telefono e internet.

Lui è l’uomo che ti risolve tutti i problemi e questo in India,
dove non funziona quasi nulla, è fondamentale.
Ora ti lascio, e mi auguro che tu e la tua famiglia stiate bene.

un forte abbraccio

Graziella

Estratto dal prossimo libro di Graziella  Bertozzi

IN VIAGGIO PER CONOSCERE ME STESSA – Storie di Viaggio dentro e fuori di me

Comments:

  • Marcella

    Dicembre 23, 2021 at 10:53 pm

    lettera meravigliosa
    grazie di cuore
    aspetto il libro: si potrà avere anche cartaceo?
    buon natale in santa pace e buonissime feste tutte nella gioia dell’amore incondizionato a te e a chi ti vuole bene

  • MARIA PATRIZIA MATRELLA

    Gennaio 2, 2022 at 1:25 pm

    Sempre nutriente leggerla.

    Grazie semplicemente. Stringe il cuore sapere quanta sofferenza c’è nel mondo….Madre Teresa è da sempre un esempio, la sua semplicità, ogni sua parola sono insegnamento per me.

    Mi sembra ridicolo augurarle Buon anno laddove è un miracolo vivere e arrivare alla fine del giorno, ogni giorno.
    Le auguro di cuore un buon cammino.
    Patrizia

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