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A Cuba con amore

La donna che mi ha insegnato di più nella vita a parte mia madre è Bruna Ferrari una sciamana italiana allieva di Carlos Castaneda il famoso antropologo americano vissuto in gran parte della sua vita in Messico. Lo scrittore di – Gli insegnamenti di don Juan – dove parla del Pejote il fungo allucinogeno.

Negli anni ‘80 Bruna teneva un corso per guaritori spirituali a cui io partecipavo. Un giorno lei ci ha raccontato che quella notte aveva fatto un sogno che le suggeriva di portare gli allievi della scuola in un luogo nel mondo dal nome Santa Lucia. Ma nel mondo ci sono tanti posti con questo nome. Così aspettammo che ci arrivasse qualche altro indizio. Bruna pochi giorni dopo fece un altro sogno e sognò Che Guevara. Scoprimmo poi che a Cuba c’è una località che si chiama Santa Lucia con un grande villaggio turistico chiamato Los Quatros Vientos. Dieci giorni dopo eravamo già lì. Un posto fantastico sul mare con piscine di acqua salata e una spiaggia bianca piena di enormi conchiglie che da noi si trovano solo in vendita nei negozi.

L’intento del gruppo è quello di trovare una comunità di Santeros guaritori spirituali che seguono una religione sincretica fra il cristianesimo e filosofie di tipo animistico. Non abbiamo idea dove trovare una Santeria ma non ci preoccupiamo. Se l’Universo ci ha  portato fino lì siamo sicuri che lavorerà per noi e ci farà trovare quello che cerchiamo.

Il primo giorno ci rilassiamo, spiaggia, bagni, sole. Il giorno dopo mentre siamo sulla spiaggia incontriamo un bel giovanotto cubano che anche lui come noi si sta godendo il mare. Bruna che parla benissimo lo spagnolo si mette a parlare con lui e a un certo punto senza troppo pensarci gli chiede se conosce una Santeria. Lui la guarda sorpreso e le dice che lui non conosce quelle “pratiche”. Poi ha come un sussulto e dice – Adesso che ci penso ce ne dovrebbe essere una sulla via per andare a casa mia, a una settantina di chilometri da qui – Non perdiamo tempo e gli chiediamo se può accompagnarci. Noleggiamo una Jeep e in quattro più lui la mattina dopo partiamo. Io sono seduta dietro fra due persone esattamente su un ferro che mi lacera il coccige, ma non me ne importa. Quello che stiamo facendo è troppo avvincente.

Arriviamo nell’ aia di una piccola casa colonica e lì un bellissimo giovane di una trentina di anni, ci accoglie. Ci spiega che suo padre è il Santero che si chiama Gugelmo el Pelao e che ci stava aspettando già da una settimana. Sapeva che stavamo arrivando. In quel momento era andato a cercare i due cavalli, unico loro mezzo di trasporto, che gli avevano rubato la notte prima.

Era loro abitudine incontrarsi con il resto della comunità, tutti braccianti poveri con le loro famiglie, il pomeriggio del primo sabato del mese per pregare e invocare le divinità per l’Amore Universale e la Pace nel Mondo.

Per noi sarebbe stato impossibile partecipare perché il sabato dopo non era il primo sabato del mese e poi noi quel giorno saremmo ripartiti per l’Italia. Quindi il ragazzo si prende la responsabilità e ci invita per il venerdì pomeriggio successivo di lì a due giorni.

Il venerdì successivo noleggiamo un pullman con autista e partiamo.

Le strade di Cuba sono spesso delle strade bianche, non asfaltate e piene di buche e dossi improvvisi. Si tratta di attraversare l’intera isola da ovest a est.

Arriviamo verso mezzogiorno e loro stanno ancora lavorando nei campi. Ci sediamo all’ombra di una palma da cocco e aspettiamo. Il posto è pieno di donne e bambini e le casette sono molto semplici, dipinte con calce bianca e coi pavimenti di terra battuta. Ma perfettamente pulite e in ordine.

Gli uomini arrivano e tutti si preparano per la festa. Gli uomini si lavano e indossano pantaloni neri e camice bianche perfettamente stirate. Le donne e i bambini tutti vestiti con abiti di cotone bianchi.

El Pelao ci viene incontro e ci ringrazia della visita. Non sa né leggere né scrivere ma un suo libro di quattrocento0 pagine scritto da sua nipote sotto dettatura del nonno è in quel momento al vaglio dell’Accademia delle Scienze dell’Avana. Sembra che contenga importanti informazioni sul futuro dell’Umanità.

Lui è un uomo non tanto alto, magro con un’aria semplice e con uno sguardo profondo e poenetrante.

Al momento del pranzo loro non avendo nulla da darci abbattono qualche noce di cocco e ci danno da bere il latte e da mangiare la polpa.

Poi la cerimonia ha inizio. Nell’aia c’è una grande capanna sostenuta da colonnine di legno aperta sui quattro lati con tetto di foglie di cocco. Su un lato un grande piano di marmo con dietro una grande croce di legno piantata per terra. Lo spazio è rettangolare e noi ci mettiamo prendendoci per mano lungo le tre pareti. La cerimonia consiste nel battere i piedi per terra emettendo dei vocalizzi fino ad entrare in una sorta di tranche. A quel punto El Pelao comincia a canalizzare un discorso sull’Amore Universale e sul futuro dell’Umanità. Poi mentre noi viviamo questo momento di pace e serenità  come se fossimo entrati in un’altra dimensione, lui ci insegna come pulire l’Aura energetica del nostro vicino. Fra loro e noi siamo una cinquantina di persone. Loro sono una trentina e noi una ventina.

Da più di un anno sto vivendo uno dei miei periodi più difficili. Ho stati di ansia continui e anche attacchi di panico. El Pelao se ne accorge e mi fa lui stesso la pulizia dell’aura. Mi dice che sono risucchiata da un’entità a me molto cara che mi sta portando via tutta l’ energia. Quell’entità è sicuramente mio padre che è deceduto un anno fa e non mi vuole lasciare andare.

Lui in vita non aveva mai creduto in una vita dopo la morte e mi aveva scelta per continuare a vivere attraverso di me. Dopo quel trattamento ripresi una vita normale e superai gli stati depressivi.

Quella sera la nostra guida, il ragazzo cubano, ha organizzato per noi una vera festa cubana in una fattoria non lontana da lì, ospiti di una famiglia di contadini proprietari della fattoria quindi benestanti.

Arrivati lì ci accorgiamo che i preparativi sono in corso con almeno quattro fuochi dove stavano arrostendo allo spiedo quattro maialini neri. Ad ogni fuoco c’è un signore che si prende cura del maialino. Faccio visita ad ognuno di questi fuochi e mi fermo a parlare un pò in spagnolo e un po’ in inglese con un signore molto interessante. Occhi verdi, capelli corvini con riflessi metallici, e uno sguardo penetrante. Ci piacciamo subito e così continuiamo a parlare anche durante la cena.

Lungo tavolo con panche e tutti a parlare ad alta voce e a scherzare. Un’atmosfera leggera e allegra. I bambini a correre attorno al tavolo urlando – Los innamorados, los innamorados … – sghignazzando felici. Era vero, come una forza magnetica mi impediva di alzarmi e fare qualsiasi altra cosa. Lui era una persona colta, aveva fatto la guerra in Mozambico, aveva viaggiato nel mondo e commerciava in Avocado. Era il fratello della padrona di casa che viveva lì con il marito e due figli grandi.

Durante la conversazione mi invita con insistenza a restare con lui per la notte, ma io resisto e gli dico di no. Alla fine della serata i miei compagni mi vengono a prendere per portarmi sul Pullman ed io vado con loro. Qualche chilometro dalla partenza su strade bianche completamente buie la Bruna dice – ma tu cosa ci fai qui? – – Non dovevi restare lì per la notte? – ed io – ma cosa dici! domani abbiamo il volo a mezzogiorno. – A quel punto si leva un coro di tutti i miei compagni che urlano all’autista: “Pare, Pare…” (ferma ferma…) Io guardo tutti sbigottita e ammutolita. A quel punto l’autista ferma il Pullman e apre la porta per farmi scendere nel buio della notte. Allora il coro riparte con: “Vuelve…Vuelve…” (Torna, Torna). L’autista fa la manovra molto difficile per via della stradina stretta e torna alla Fattoria. Io non ho parole, mi sento come portata da una forza più grande di me.

Arrivati tutta la famiglia ci stava aspettando ma soprattutto lui. Mi metto d’accordo con la nostra guida che mi sarebbe venuto a riprendere al mattino presto per portarmi in aeroporto. Mi siedo e lui l’uomo dagli occhi verdi, mi racconta cosa era successo nel frattempo. Quando ero salita sul pullman lui era molto triste e sconsolato, con la testa fra le mani e i gomiti appoggiati sul tavolo e el Pelao che era seduto di fronte a lui gli dice: – No se fué, no se fué – (non se ne è andata) “Ma come?” risponde lui, – l’ho vista salire sul Pullman, certo che se ne è andata” e il Pelao, “Vuelve” (ritorna). “e subito dopo sei arrivata tu”  “El Pelao ti ha fatto tornare”.

Sono sempre più frastornata quando la sorella del mio amico mi invita ad andare con lei in camera sua dove apre una vecchia cassapanca di legno e tira fuori una camicia da notte di pizzo bianco dicendomi che era la camicia da notte della sua prima notte di nozze, e me la porge. Non mi sono mai sposata e questa immagine di me con la camicia da notte da sposa, mi commuove ancora. È già passata mezzanotte e tutti si sono ritirai nelle loro stanze. La casa è ottagonale e su ogni lato c’è una porta con una tenda che da sulla camera da letto. Quindi tutti sentono tutto. Sento che la radio continua a suonare e non mi spiego la ragione. Porgo la domanda a Juan e lui mi dice che la musica è lì per me, per non farmi vergognare in caso che dovessi fare rumore durante il sesso.

Al mattino nessuno fa riferimento o accenna all’accaduto ed io a colazione vengo trattata come una di loro. A Cuba il sesso è vissuto in modo molto più semplice e naturale e nessuno ci fa caso.

Se vuoi saperne di più sulla Santeria clicca qui

 

Grazie per l’attenzione

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